Questo mio articolo è stato pubblicato sul mensile IL PRIMATO NAZIONALE, il numero 6, a marzo scorso. Mi fa piacere riprodurlo qui

Mai come in questo caso si può dire con Cicerone che “Historia magistra vitae”, cioè che la storia è maestra di vita. «Nelle mani di chi sa farne uso è un’arma terribile»: con queste parole Hitler si riferisce alla radio nel suo libro Mein Kampf. E in Italia in breve tempo Mussolini intuisce le potenzialità del mezzo e ne promuove uno sviluppo molto significativo: proprio per favorire la radiofonia istituisce l’Ente Radio Rurale, motivo: far sì che ogni villaggio italiano, anche il più piccolo, abbia una radio, tanto che viene prodotto dalle industrie un ricevitore che viene venduto ad un prezzo politico di 600 lire. Il discorso inaugurale del 19 aprile del 1933 recita: «L’ERR costituito dal governo fascista si propone di far giungere a tutte le scuole l’eco degli avvenimenti più notevoli e delle creazioni più geniali della vita nazionale (…). Voi, fanciulli d’Italia, sentirete la soddisfazione di servire l’Italia, di obbedire all’alto e sublime comando del Re e del Duce». Nel 1935, quando l’Italia si lancia nell’invasione dell’Etiopia, i programmi lasciano posto in maniera sempre maggiore alla radiocronaca della campagna militare. Le trasmissioni del giornale radio raddoppiano a partire dal 10 giugno 1940, in occasione della dichiarazione di guerra alla Francia. E quando il 12 settembre 1943 un reparto di paracadutisti tedeschi libera Mussolini, che era confinato nel massiccio del Gran Sasso, e lo trasferisce in Germania dietro ordine di Hitler, il Duce si rimette in contatto con gli italiani proprio attraverso la radio da Monaco: «Camicie nere! Italiani e Italiane! Dopo un lungo silenzio, ecco che nuovamente vi giunge la mia voce e sono sicuro che voi la riconoscerete».

La nascita e Guglielmo Marconi

In principio fu una notte di dicembre del 1892, allorché Guglielmo Marconi sveglia la madre e la conduce, emozionatissimo, nella soffitta dove portava avanti i suoi esperimenti. Qui le mostra che riusciva a far suonare un campanello elettrico su di un apparecchio ricevente (come quelli del telegrafo di Morse) posizionato all’estremità opposta della stanza, premendo un tasto telegrafico. Successivamente Marconi trasmette segnali a distanze sempre più ampie e ottiene l’interesse e soprattutto i finanziamenti del padre. Grazie ai nuovi mezzi economici, riesce a mettere insieme una strumentazione di emissione e ricezione più potente – inventando il sistema antenna-terra – e a spostare i suoi esperimenti all’aperto. A questo punto entra in campo Annie Jameson, cittadina britannica e madre di Guglielmo. Dopo che l’invenzione del figlio viene bocciata dalle autorità italiane e in particolare dal ministero delle Poste, la donna scrive all’ambasciatore italiano a Londra chiedendo consiglio. La risposta è di portare immediatamente il giovane sull’isola, dove potrà brevettare le sue invenzioni e trovare facilmente risorse per sviluppare applicazioni pratiche e commercializzabili. E così accade: nella primavera del 1896 Marconi, accompagnato dalla madre, arriva a Londra dove deposita diversi brevetti, tra cui quello definitivo per la radio il 2 giugno dello stesso anno.

L’intuizione del Fascismo

In realtà, studi successivi proverebbero che il vero inventore della radio è stato Julio Cervera, undici anni prima di Marconi. Resta il fatto che da noi il primo a capire l’enorme potenzialità della radio è  Costanzo Ciano, ministro delle Poste nel primo governoMussolini: è lui a favorire con diversi provvedimenti legislativi la nascita della prima emittente italiana. Si tratta dell’Unione Radiofonica Italiana, che debutta il 6 ottobre 1924 in una sala in Via Maria Cristina a Roma, vicino Piazza del Popolo. Nel gennaio 1928 nasce l’EIAR, l’Ente Italiano Audizioni Radiofoniche, che dopo l’8 settembre 1943 si trasferisce a Milano e da qui diventa la radio ufficiale della Repubblica Sociale Italiana

Il dopo guerra e il boom

Una volta terminata la guerra, gli impianti di diffusione vengono ricostruiti e la radio, che nel 1949 assume il nome di RAI (Radio Audizioni Italiane), inizia il suo periodo d’oro, per merito in particolare del prezzo degli apparecchi, che scende vertiginosamente. Gli anni ’70 vanno evidenziati sul calendario perché vogliono dire le radio libere e la crisi della RAI: nel 1976 difatti il monopolio dell’azienda di Stato (come già era avvenuto con la televisione nel 1974) sulla radiodiffusione viene infranto dalla sentenza 202 della Corte Costituzionale: « …dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103 (nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva) nella parte in cui non sono consentiti, previa autorizzazione statale e nei sensi di cui in motivazione, l’installazione e l’esercizio di impianti di diffusione radiofonica e televisiva via etere di portata non eccedente l’ambito locale». E la stessa sentenza certifica che le emittenti già attive nel Paese sono circa 400. Ovvero, le cosiddette “radio pirata”. Negli anni Ottanta aumentano la professionalità dei conduttori, la qualità dei programmi, e le dimensioni degli studi. Cose che avvengono di pari passo con l’aumento degli introiti pubblicitari, dovuti alla importanza crescente in termini di ascolti. Si parla quindi non più di radio libera ma di radio privata. Gli anni ‘90 infine vedono l’entrata in scena dei network nazionali e con il nuovo millennio la radio conosce davvero un nuovo splendore.

Gli ultimi Dati

Gli ultimissimi dati di ascolto, usciti di recente, sono in qualche modo clamorosi. Complessivamente gli ascoltatori che ogni giorno si sintonizzano sui canali radiofonici sono in media  circa 35 milioni, con Rtl 102.5 che si conferma di nuovo la stazione radiofonica più ascoltata, crescendo di un milione e mezzo di ascoltatori al giorno: dai 6,9 milioni si passa a oltre 8,4. Una vittoria a scapito degli altri competitor, cioè Gruppo Mediaset, Rai, Gruppo Sole 24 Ore, Gruppo Espresso. Ma perché questo successo della radio in generale? I motivi sono facilmente ricavabili dal percorso storico che abbiamo descritto: storia maestra di vita. E’ il mezzo di comunicazione più diretto, senza intermediazioni, senza manipolazioni. C’è la radio e c’è che chi ti ascolta: punto. Il modo più efficace per condurre la guerra dell’informazione, il modo migliore per diffondere il proprio messaggio, specie se si tratta di un pensiero forte e di contenuti radicali. La radio significa evitare interpretazioni distorte. No a vincoli, no a condizionamenti, assoluta sovranità. La vera arma in più.